Intervento psicologico a supporto degli operatori di soccorso

Il Dipartimento della Comunicazione e della Ricerca Sociale dell’Università “La Sapienza” di Roma, in collaborazione con l’Ufficio della Ricerca dell’UNICEF, ha dato vita al 15° “Symposium on the Contributions of Psychology to Peace”. Il Simposio, che ha come tema il “Bridging Across Generations: Turning Research into Action for Children and Families”, è iniziato il 21 u.s. e si concluderà il prossimo 27 maggio.

Il programma di conferenza e gli abstract sono organizzati attorno a flussi tematici rilevanti per i bambini e le famiglie. Programma che mira a catturare argomenti e priorità di ricerca non solo della psicologia della pace, ma si focalizza anche su come utilizzare le scoperte per sfruttare al meglio la loro attività nella programmazione, nella politica e nella difesa e di apportare cambiamenti a tutti i livelli per i bambini e le famiglie.

Per rendere più ricche le esperienze culturali, per il raggiungimento della pace e l’eliminazione del conflitto, le attività collegate al Simposio si svolgono in città quali Roma, Assisi, Firenze. Il 22 maggio la sessione pomeridiana si è svolta nella Casa dei Cavalieri di Malta, sede del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta.

La “Sala della Loggetta”, detta anche “Sala delle Cariatidi”, ha accolto circa 50 partecipanti di diversa nazionalità. Tra gli interventi che si sono succeduti la dr. ssa Mara Germani, psicologa del Cisom, ha incentrato il proprio contributo sulle attività psicologiche in emergenza. Più specificatamente:

“Il CISOM è impegnato con i suoi medici, infermieri e soccorritori nelle operazioni di ricerca e assistenza in mare dei migranti fin dal 2008. Con il passare del tempo è diventato evidente che l’esperienza degli operatori di soccorso era connotata da situazioni stressanti, con un forte impatto emotivo e un vissuto personale che rischiava di rimanere inespresso. Nella nostra precedente esperienza come psicologi in diversi contesti emergenziali abbiamo sperimentato molte volte l’utilità e la necessità di fornire un aiuto psicologico esperto a chi aiuta, al personale, professionisti e volontari, impegnati nelle operazioni di soccorso. Gli stessi volontari richiedevano degli spazi dedicati di ascolto sia in loco, sia dopo il rientro a casa. Abbiamo quindi iniziato a pensare ad associare alle attività strettamente medico sanitarie, un sostegno psicologico specifico. Per la prima volta l’intervento di supporto psicologico CISOM a Lampedusa si è concretizzato in seguito al grave naufragio del 3 ottobre 2013, in cui persero la vita 368 migranti e furono recuperati 155 superstiti di cui 41 bambini. L’intervento psicologico CISOM è stato rivolto, in accordo con le istituzioni locali, anche alla popolazione di Lampedusa, coinvolta in modo indiretto, ma in misura importante, nel tragico evento che si consumava vicino alle sue coste. Oltre ad aprire spazi di ascolto abbiamo organizzato incontri pubblici destinati a spiegare quali sono le reazioni psicologiche ad eventi traumatici negli adulti e nei bambini e svolto inoltre incontri specifici nelle scuole diretti a genitori ed insegnanti. In seguito le prestazioni professionali psicologiche sono diventate parte del supporto sanitario che il CISOM fornisce agli operatori del soccorso in mare presenti a Lampedusa. Abbiamo strutturato un piano di intervento psicologico finalizzato a monitorare e valutare le reazioni agli eventi ad alta emotività espressa e a valorizzare le risorse e le competenze non tecniche dei soccorritori. Nel tempo si è più volte presentata l’occasione anche per gli psicologi, dietro richiesta degli stessi comandanti, di imbarcarsi a bordo delle motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, per permettere una migliore comprensione dei contesti di operatività, delle dinamiche in atto e delle criticità nel processo di ricerca e salvataggio dei migranti. In questi anni abbiamo avuto modo di ascoltare i racconti di operazioni di soccorso in condizioni di mare proibitive, di notte o sotto il sole cocente, di tentativi di trarre in salvo da imbarcazioni che stavano affondando donne in avanzato stato di gravidanza e bambini di pochi mesi, di salvataggi conclusi con i canti gioiosi di chi si sentiva in salvo o tra le grida di dolore durante il recupero delle salme di chi non ce l’aveva fatta… Il nostro compito come psicologi è dare il giusto spazio a questi racconti, sostenere le reazioni emotive di ciascuno e permettere una rielaborazione dei vissuti, per diminuire il rischio di insorgenza di sindromi traumatiche nei soccorritori.”

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