Guardando negli occhi le persone che salviamo in mezzo al mare. Intervista a Michela Ruggiero

Michela Ruggiero, qual è il tuo ruolo nella Direzione Nazionale del CISOM?

Sono il Capo ufficio operazioni logisti che. Mi occupo di tutto quello che è l’operatività del Corpo. In particolare, all’interno di questa mia responsabilità, ricade l’attività Passim (Primissima assistenza sanitaria nelle operazioni di soccorso in mare), realizzata insieme alla Guardia Costiera Italiana, all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) dipendenti dal Ministero della Salute.

Da quanti anni lavori su questo progetto?

Ho iniziato nel 2012, terminata l’Università. Mi occupavo dei biglietti aerei per i nostri volontari che dal 2008 svolgevano l’attività di soccorso in mare a bordo delle imbarcazioni della Guardia Costiera con base a Lampedusa. Poi, piano piano, sono cresciuta nelle responsabilità, ed è cresciuto anche l’impegno del progetto.

Immagino che sia molto faticoso.

È così. Siamo reperibili h24, sette giorni su sette. Lo sono i nostri medici e gli infermieri che devono essere sempre pronti ad imbarcarsi e a salpare e di conseguenza lo sono anche io che sono la loro responsabile. Anche nei giorni in cui non sono di reperibilità, se hanno bisogno di me non posso non rispondere al telefono.

I medici e gli infermieri del CISOM, di fatto fanno parte dell’equipaggio, ne diventano un tutt’uno.

Un’attività di questo tipo non può essere fatta se non c’è sinergia tra tutti coloro che sono a bordo. Ormai sono tanti anni che operiamo insieme agli uomini della Guardia Costiera. Ci infondiamo sicurezza a vicenda, insieme alla speranza di riuscire a salvare le persone in mare e di riuscire a portarle vive a terra. Siamo i primi che guardiamo gli occhi delle persone che avevano ormai perso la speranza in mezzo al mare.

Com’è cambiato l’impegno del CISOM nel soccorso in mare dal 2008 ad oggi?

È cambiato moltissimo. All’inizio operavamo solo con medici volontari. Oggi con l’aumento esponenziale dei team impegnati e con la durata dei turni che possono arrivare anche a tre mesi, operiamo solo con professionisti selezionati con un bando di concorso.

Quante sono le persone impegnate?

Oggi siamo saliti a 13 team (composti da un medico e da un infermiere) operativi 24/7. Per tanti anni abbiamo avuto a Lampedusa quattro team. Oggi i team a Lampedusa che rimane il cuore centrale del progetto sono saliti a sei. Abbiamo poi due team a Roccella Ionica e due a Crotone. Poi abbiamo un medico nella base elicotteri di Catania e un medico nella base elicotteri di Pescara pronti ad intervenire direttamente in mare sul luogo dell’incidente o per prestare primo soccorso a chi a bisogno di cure a bordo di una imbarcazione. Infine, abbiamo due altri team a Catania e a Messina sulle Unità navali maggiori della Guardia Costiera.

Quali sono le difficoltà del tuo lavoro?

Trovare i sanitari in alcuni periodi non è stato facile: soprattutto durante il Covid. Siamo sempre riusciti a garantire la nostra assistenza sanitaria a bordo. Assistenza che non è solo rivolta ai migranti, ma anche all’equipaggio. Avere i nostri medici a bordo è un supporto che va oltre il momento del salvataggio. È una garanzia che permette ai componenti la squadra di svolgere meglio il loro difficile lavoro. Oggi il problema di trovare i medici e gli infermieri si è quasi azzerato. Si è sparsa la voce e sono loro che chiedono di lavorare con noi in mare.

Immagino non sia un lavoro per tutti.

È un lavoro molto duro. Sia emotivamente che fisicamente. I nostri team lavorano in mezzo al mare, di notte. Cercando di salvare più vite possibile. Prestando cure contemporaneamente a più persone. Alcune volte rimangono in mare per 36 ore consecutive, in ogni condizione meteo. Sono medici e infermieri sono abituati al concetto di morte. Ma in mezzo al mare, di fronte ad un naufragio, quando cerchi di capire chi puoi ancora salvare e ti trovi davanti tantissimi bambini, molti ragazzi della loro stessa età, non è affatto facile. Per questo ammiro chi si dedica con passione a questo servizio.

Occorrerà curare anche l’aspetto psicologico.

Una parte importante è costituita dai team di psicologi volontari del CISOM che sono a disposizione non solo dei nostri sanitari, ma anche degli equipaggi della Guardia Costiera. Sono pronti ad intervenire in caso di emergenza, ma forniscono assistenza a chiunque li chiami. Non è una attività scontata la nostra, ma è fondamentale. In molti mi hanno ringraziato per la nostra attenzione a questo aspetto.

Quali sono stati i momenti più significativi del 2024?

Nel 2024 il CISOM ha prestato soccorso ad oltre trentamila migranti salvando la vita di uomini, donne e bambini in situazioni di estrema vulnerabilità, talvolta in situazioni ambientali e meteo estreme. Questo dato fornisce la dimensione e l’importanza del nostro impegno. Poi ci sono gli eventi speciali come quello del 24 agosto quando, poco prima dell’alba, una ragazza etiope a largo dell’isola di Lampedusa ha partorito su un natante in vetroresina di 10 metri. Il nostro medico e il nostro infermiere pur nella difficile situazione, hanno aiutato la donna che ha dato alla luce una bambina. Madre e figlia sono risultate essere in buone condizioni di salute.

Cosa ti aspetti dal 2025?

Non mi aspetto grandi differenze rispetto agli ultimi anni. Noi continueremo a mettercela tutta, guardando negli occhi le persone che salviamo in mezzo al mare.   

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