18 aprile 2015: un anno dopo

Il Direttore Nazionale del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, dr. Mauro Casinghini, unitamente all’europarlamentare dr.ssa Caterina Chinnici, è stato ospite, lo scorso 18 aprile, del TGtg di TV2000.

A un anno dal naufragio nello Stretto di Sicilia di un barcone stracolmo di migranti, definito dall’Ansa come la più grave sciagura del mare, i media, purtroppo anche a seguito di ulteriori continue, dolorose tragedie, ripropongono all’attenzione così strazianti eventi attraverso le testimonianze di chi in quella specifica occasione, e anche in altre, ha portato soccorso.

Nel corso della trasmissione il Direttore ha, tra l’altro, ripercorso le tappe più significative delle attività che hanno visto i “ragazzi” del Cisom impegnati su più fronti.

Quel tragico 18 aprile del 2015 a bordo della Nave Gregoretti, della Guardia Costiera Italiana, prestò soccorso in mare il dr. Giuseppe Pomilla, palermitano di Corleone, profondamente segnato da quella esperienza e che oggi alterna la sua attività tra guardie mediche e periodi più o meno lunghi a bordo di unità che solcano le acque del Mediterraneo. Quella notte, ricorda “…è come se fossi andato a sbattere contro un muro. Ma nessuno può capire cosa significa salvare persone in mare. E’ massacrante ma è indispensabile che qualcuno lo faccia. A volte vivi esperienze traumatiche come il naufragio del 18 aprile 2015, ma come medico ripartirei mille volte”.

“Verso mezzanotte la Centrale Operativa della Guardia Costiera informa la Nave Gregoretti che un mercantile ha urtato un barcone carico di migranti, appena salpati dalla Libia. In breve tempo la Gregoretti raggiunge il luogo del disastro e di almeno 900 persone, che occupavano il barcone, solo 25 sono stati raccolti, vivi, dal mercantile”. Racconta Pomilla che “se non l’hai vissuto in prima persona non puoi capire. Per me è come se mi avessero catapultato in un altro pianeta. Dall’unità della Guardia Costiera vennero messi in mare dei gommoni. Avevamo portato con noi bottiglie di acqua calda e coperte termiche. Ma ben presto ci accorgemmo che non servivano, quasi tutti erano morti. Tastavo il polso per capire se c’era ancora qualche speranza ma purtroppo erano tutti cadaveri di ragazzi dai 16 ai 18 anni. Ho provato grande rispetto per quei ragazzi che avevano un sogno, ormai, infranto per sempre. Insieme con i membri dell’equipaggio li prendevamo dall’acqua, come se fossero vivi”. Dalle sue parole traspare la speranza dei soccorritori di poter donare la salvezza, e continua “con il gommone passavamo tra i cadaveri alla ricerca dei superstiti. Spegnemmo i motori per sentire meglio eventuali urla e correre quindi verso coloro che ancora erano vivi. Delle grida di aiuto ci condussero verso un ragazzo che, una volta dentro il gommone, ci abbracciò ringraziandoci; e lo fece per molto tempo, era agitato e non poteva credere di essere ancora vivo”. Il suo rievocare provoca emozioni indescrivibili:”Ne trovammo un altro ancora vivo in quella distesa di cadaveri. Nel buio e nel silenzio, che solo chi va per mare può capirne la vastità, vidi due occhi che mi fissavano. Fui attirato dal bianco di quello sguardo. Era un ragazzo ormai troppo debole per urlare, quando lo portammo nel gommone cominciò a piangere disperatamente perché era convinto che tutti i suoi amici fossero morti. Era sotto choc”.

Ma il giovane migrante del Mali non era rimasto solo. L’equipaggio coreano del mercantile King Jacob aveva già tratto in salvo alcuni dei “compagni di viaggio” con i quali condivideva un sogno.

La tenacia e la caparbietà degli uomini della Guardia Costiera e di Giuseppe Pomilla hanno consentito di trarre in salvo i due migranti che, senza il loro tempestivo e generoso intervento, certamente sarebbero morti. Se il medico non avesse esaminato uno per uno i corpi, mentre questi erano ancora in acqua, sicuramente questi ragazzi non avrebbero raggiunto il loro sogno. Sostiene ancora Pomilla che “aver salvato queste vite è una grande gioia, ma anche un grande peso per non averne potuto recuperare di più”.

I team sanitari del Cisom, grazie anche al sostegno dei donatori, dal mese di gennaio 2016 hanno salvato, prestando loro la massima assistenza, oltre 2000 migranti nel Mar Egeo e almeno 4000 persone nelle acque dello Stretto di Sicilia.

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