Roma: Incontro presso la Sala Stampa Estera

Nei locali della Sala Stampa Estera di Roma, venerdì scorso 12 febbraio, si è svolto un incontro con la stampa sul tema “La strage senza fine dei migranti nell’Egeo. Il nuovo impegno sanitario dell’Ordine di Malta“.

Ha aperto l’incontro il Presidente della Fondazione CISOM, Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, Marchese Narciso Salvo di Pietraganzili, e sotto l’attenta attività di moderatrice della giornalista Francesca Paci di La Stampa, sono intervenuti il Direttore del CISOM, dr. Mauro Casinghini, la d.ssa Giada Bellanca e il dr. Jean de dieu Bihizi, rispettivamente medico e infermeriere del CISOM, e la dr.ssa Regina Catrambone cofondatrice, insieme al marito Christopher, del MOAS (Migrant Off Shore Aid Station).

Racconti e testimonianze hanno arricchito i lavori in cui le parole dirette di Jean e Giada hanno dato il senso reale dell’attività del soccorso sanitario nello Stretto di Sicilia e ora anche nel Mar Egeo.

In quest’ambito rientra la campagna di sensibilizzazione ‘E liberali dal mare’: “il mare – ha sostenuto il Direttore Nazionale Mauro Casinghini – è legato all’immagine delle vacanze, della famiglia e del divertimento, ma noi vogliamo sottolineare l’aspetto di morte che ora sta acquisendo”.

Sono ormai due mesi che ha preso il via, appunto il 15 dicembre, la nuova missione umanitaria dell’Ordine di Malta nel Mar Egeo.

“Se non li vedi non li puoi capire. Quegli enormi laghi neri e profondi che sono gli occhi dei bambini, la dignità di una donna che nonostante tutto tenta di lavarsi con una salviettina profumata, un ragazzo che tiene per mano un amico con la gamba fratturata, il sapore del sale acre sulle labbra, il sudore, l’odore del ferro e l’odore della morte di quel momento di tragica stasi e di silenzio al passaggio dei sacchi neri pieni di corpi, di persone, di sogni, di speranze, di popoli. Siamo ospiti, ospiti di questo mondo, non proprietari. Mi sento in dovere di far sentire a casa, per quanto possibile, chiunque lo chieda, non importa quanti, come e da dove: noi ci siamo”.

Questo lo spirito di missione di Giada Bellanca, medico del Cisom, impegnata oggi nelle acque dell’Egeo, dopo aver trascorso molto tempo sui mezzi di soccorso impegnati nello Stretto di Sicilia:

“Lavorare in Egeo significa lavorare in un ambiente geograficamente diverso dalle nostre abitudini, perché l’Egeo è un mare piccolo, chiuso, le distanze geografiche tra i confini turchi e i confini greci sono minimi: soltanto poche miglia. Parliamo di una costellazione di 400 tra isole e isolette abitate e nella maggior parte disabitate; parliamo di un mare dove il cambiamento climatico e le correnti sono repentine; parliamo di un flusso migratorio fatto con gommoni piccolissimi, con una media di 40-50-60 persone a bordo, e un gommone del genere anche con un mare 2 o 3 rischia il naufragio. La cosa peggiore per questi gruppi che fuggono, con la speranza di arrivare a breve, perché vedono l’altra costa e quindi c’è l’illusione, è il non rendersi conto del vero pericolo che sono gli scogli a fior d’acqua vicino le isole, là tutta la zona è a basso fondale. Il rischio è enorme, perché a squarciare un tubolare di un gommoncino fatto di nulla non ci vuole niente! E la maggioranza non sa nuotare. Per noi tutto questo è uno stress psicologico perché per alcuni aspetti la vicinanza alle coste può essere un pro enorme per l’arrivo dei migranti; minore è la distanza, minore devono essere i tempi di salvataggio, tutto deve essere fatto nell’arco di pochissime ore e, a volte, anche soltanto nell’arco di mezz’ora. Quindi, noi dobbiamo essere sempre pronti e avere mille occhi, perché si parla di 400 isolette e l’assetto navale è minimo”. Ed ancora: “I flussi migratori lì sono diversi rispetto a quelli del Mediterraneo, in quanto non abbiamo il flusso centrafricano, il flusso nordafricano e il flusso del Corno d’Africa, quindi di tutta quella parte che va dalla Somalia all’Eritrea e all’Etiopia. Statisticamente il flusso dell’Egeo è un flusso di siriani. Abbiamo poi un 20 per cento proveniente da altri Stati, a me sono capitati anche iracheni, afghani, anche curdi, che fanno parte di questo flusso migratorio che sta cambiando: cambia la storia e cambia il flusso migratorio”.

Il team del CISOM, a bordo della Responder, una moderna nave di 51 metri dell’organizzazione umanitaria MOAS, ha finora tratto in salvo 529 persone, di cui 59 bambini; tutti assistiti dalle squadre sanitarie, composte da medico e infermiere.

Mauro Casinghini, direttore nazionale del Cisom, in merito all’annuncio della Nato di varare una missione per affrontare la questione migranti e smantellare le reti di trafficanti ha sostenuto: “l’augurio è che possa funzionare e ridurre soprattutto le morti nell’Egeo. Certamente se la decisione è alla base di un contrasto concreto al traffico umano, l’iniziativa della Nato è sicuramente è una iniziativa necessaria. Ovviamente ne dobbiamo conoscere i confini e le regole. La cosa che personalmente devo dire un po’ mi preoccupa, è la riconsegna degli eventuali migranti soccorsi sul suolo turco. Occorre ricordare che l’Europa, per cose molto similari, ha addirittura condannato l’Italia, parlo del Consiglio d’Europa. Per cui da questo punto di vista dobbiamo capire in quale cornice si inserisce questo intervento, anche dal punto di vista del soccorso” …. “le regole d’ingaggio del Patto Atlantico sono differenti da quelle dell’intervento di uno Stato membro nell’ambito di un soccorso. Però, sicuramente, si potrebbe configurare un problema di questo tipo: cioè persone che scappano dalla Siria attraverso la Turchia – faccio ovviamente l’esempio dei siriani – che vengono riportate sul suolo turco e questo naturalmente potrebbe creare anche un problema alla Turchia, perché poi di fatto dovrebbe avere il modo di sistemare questi grossi flussi di siriani che la popolano”.

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